24 Lug Tratto da L’Avvenire del 24 Lug 2021: Toccare, ascoltare, sollevare e riconoscere le parole dei bimbi
Lettera pubblicata su L’Avvenire del 24 Luglio 2021
Caro direttore,
il bambino più povero è quello non ascoltato. Tra tutte le forme di povertà osservate nell’infanzia vulnerabile accolta a “Fonte di Ismaele”, la più grave ci è sembrata l’assenza di un ascolto attento della persona di età minore.
Le ragioni sono molteplici e non possono ridursi solo alla povertà economica. La scarsa alfabetizzazione dei genitori e dei caregiver, le culture di provenienza che considerano i bambini come una “appendice” dei genitori e più in generale degli adulti (non riconoscendone lo status di persona portatrice di diritti inalienabili), la mancanza di inserimento scolastico nei primi anni
di vita, privano questi bambini di occasioni e spazi per essere ascoltati.
L’ascolto è l’atteggiamento che fonda ogni tentativo di comprensione del mondo dell’infanzia, necessario a cogliere desideri e attese, istanze profonde (non interpretazioni ideologicoformali dettate da correnti anzi da derive culturali del momento) da portare all’attenzione delle istituzioni preposte alla loro tutela, da cui esigere il rispetto dei diritti negati.
Per questo abbiamo pensato di organizzare uno spazio di accoglienza più dilatato nel tempo, così da offrire alla piccola voce dei bambini una cassa di risonanza per amplificarne il suono:
“Parole sussurrate. Riconoscere le parole dei bambini” è il titolo del Centro Estivo che abbiamo dedicato all’ascolto dei più piccoli, in particolare di 8 bambini con difficoltà espressiva tutti provenienti da edifici occupati e appartenenti a nuclei familiari molto poveri.
Raccontare questi giorni è difficile perché le parole non sembrano bastare a descrivere la gioia dei miglioramenti osservati.
Quale miracolo è avvenuto? Le capacità degli educatori e dei professionisti coinvolti non sono bastate ad arrivare a questo risultato, non da sole.
E’ stata piuttosto la presenza premurosa, l’attenzione personale a ogni bambino che ciascun adulto ha saputo manifestare attraverso cose concrete come la pulizia degli ambienti, la
luminosità degli spazi, i sorrisi sinceri di tutte le persone che hanno dato vita all’esperienza.
Un grande catechista romano, Arnaldo Canepa, rispondeva sempre a chi gli domandava chi fosse il “catechista migliore”: “Quello presente”.
Il tempo per i bambini è importante. Ogni giorno una vita. Ma questo tempo può essere uno spazio vuoto, desertificato di presenze attente ai loro bisogni e disponibili ad accompagnarli amorevolmente nella loro crescita.
E così il tempo diventa solitudine, invisibilità, malattia, devianza.
Non può essere un cellulare né una tv la compagnia dei piccoli, non adulti di fretta che trascinano e sconvolgono, non adulti che usano i piccoli come post sui social senza alcun pudore o li esibiscono in manifestazionsportive o competitive di ogni genere. Questo modo di essere accanto ai bambini produce solo morte.
C’è però la possibilità di una vita da restituire con la cura e i suoi gesti: toccare, ascoltare, sollevare.
E il tempo può riprendere il suo significato e manifestare una presenza attenta che sa avvicinare i bambini, prenderli per mano e condurli fino a scoprire il proprio passo.
Lucia Ercoli
coordinatrice di Medicina Solidale,
Roma
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