31 Lug Solidale: un parola che da fastidio.
Rincuora, sentire queste parole uscire dalla bocca di un Pontefice:
“Solidarietà, una parola spesso dimenticata o taciuta, perché scomoda”.
Così ha detto Papa Francesco alla gente della Comunità di Varginha, durante il Suo viaggio in Brasile, e ha proseguito:
«La misura della grandezza di una società è data dal modo con cui essa tratta chi è più bisognoso, chi non ha altro che la sua povertà!».
Queste parole ci hanno davvero squarciato l’orizzonte sul perché si fosse scatenato tanto ostracismo alla parola solidale che accompagnava il nome del nostro servizio: Medicina Solidale.
Un ostracismo che si è manifestato in tante vergognose espressioni, tutte in realtà frutto di un medesimo sentire: solidarietà è una parola che da fastidio. Perché solidarietà è misura della nostra grandezza, personale e collettiva.
Solidale non è semplicemente dare a chi ha bisogno, ma essere pronti a condividere tutto quel poco che abbiamo con gli altri che hanno maggiori difficoltà di noi.
Solidale è uscire da se stessi, andare incontro a chi è nel bisogno per sostenerne il cammino, solidale è aprire la porta a chi l’ha trovata sempre chiusa, solidale è resistere accanto a chi è emarginato, anche se questo comporta essere calunniato, vilipeso, ostacolato.
Solidale è aprirsi alla speranza che questo mondo, con le sue difficoltà e complessità, possa essere reso migliore e più abitabile per tutti.
Non con le parole, non con vane promesse, ma con i fatti, i fatti semplici della vita quotidiana in ogni possibile ambito di intervento: l’educazione, la salute, la politica, la cultura.
Due milioni di persone hanno smesso di curarsi in Italia, 1 milione di bambini italiani è in fascia di povertà assoluta. I poveri aumentano e bussano alle nostre porte scomodandoci, mettendoci in crisi, distruggendo il mondo irreale in cui ci siamo rifugiati e persi.
Questi dati sono un bollettino di guerra, una guerra contro la società civile, contro la coesione sociale, contro lo sviluppo, contro il futuro, contro la pace.
In una guerra, in ogni guerra va capito bene qual è il nemico da combattere.
In questa guerra il nemico si chiama egoismo: mettere al centro della vita, l’interesse personale.
Ecco perché l’unica possibilità di superare questa situazione è nel cambiamento del cuore umano. Ogni scelta nasce dal cuore dell’uomo, cioè dalla sua reale disposizione interiore. La solidarietà è una disposizione che apre alla vita e genera vita, l’egoismo è una disposizione che porta alla morte, paradossalmente anche alla morte dei nostri interessi più cari.
Potremo avere ospedali ultramoderni e tecnicamente avanzati, ma se non vi operano medici dal cuore solidale non otterremo salute. Potremo avere scuole all’avanguardia, con parchi e aule informatizzate, dove si studiano anche il cinese e il giapponese, ma se non vi operano insegnanti solidali non saranno mai luoghi di educazione, di trasmissione di cultura.
Non si può costruire un mondo migliore se chi vi opera insegue il suo interesse personale e non è disponibile a rimetterci di persona.
Papa Francesco ha incoraggiato:
“non stancatevi di lavorare per un mondo più giusto e più solidale! Nessuno può rimanere insensibile alle disuguaglianze che ancora ci sono nel mondo! Ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali. Non è la cultura dell’egoismo, dell’individualismo, che spesso regola la nostra società, quella che costruisce e porta ad un mondo più abitabile, ma la cultura della solidarietà; vedere nell’altro non un concorrente o un numero, ma un fratello.”
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